Tossicità limitata e outcome favorevoli con l’impiego di amikacina a dosi ridotte nel trattamento della tubercolosi multiresistente (Tb-mdr). Sono questi i risultati di uno studio recentemente pubblicato su BMC Infectious Diseases.
La Tb-mdr è una condizione epidemica globale caratterizzata da resistenza sia alla rifampicina sia alla isoniazide. Per contrastarla, l’Oms ha messo a punto delle linee guide finalizzate al suo contenimento in base all’adozione di diversi cocktail terapeutici. L’amikacina è stata classificata come un farmaco appartenente al gruppo C, in ragione della sua significativa tossicità, ma ci sono evidenze che ne supportano l’impiego a dosi ridotte nel trattamento della malattia infettiva.
Su questi presupposti è stato implementato il nuovo studio, che ha esaminato 49 pazienti con Tb-mdr, trattati con amikacina in un range compreso tra 8mg/kg e 10 mg/kg dal 2010 al 2016, in un centro di riferimento ospedaliero per la Tb a Toronto, Canada.
L’aggiustamento della posologia è stato fatto in base al monitoraggio terapeutico del farmaco, utilizzando livelli post-dose a 30 minuti che avevano permesso il raggiungimento di un rapporto 25:35 tra la massima e la minima concentrazione inibitoria del farmaco in questione. La dose mediana giornaliera di attacco di amikacina era pari a 8.9 mg/kg (IQR: 8-10). Dopo 12 giorni sono stati raggiunti i livelli terapeutici target di farmaco con il trattamento giornaliero.
I ricercatori hanno monitorato l’ototossicità associata ad amikacina (perdita di udito), definita come declino pari o superiore a 20 dB della soglia di ascolto rispetto al basale per tutto lo spettro acustico e la condizione di ipoacusia severa, definita da un declino pari o superiore a 70 dB.
Sul totale dei 49 pazienti inizialmente reclutati, 6 (12,2%) hanno sperimentato una perdita dell’udito confermata dall’esame audiometrico, di cui 5 (83,3%) una condizione di perdita di udito nello spettro acustico a frequenza elevata (>2000 Hz). Nessuno dei pazienti considerati, invece, è andato incontro a ipoacusia severa. La nefrotossicità era definita come un aumento pari o superiore del 50% della creatininemia dal basale a ciascun punto di rilevazione del trattamento con amikacina.
I ricercatori hanno osservato che 10 pazienti (23%) presentavano nefrotossicità in concomitanza di un picco mediano di creatininemia pari a 90 (IQR= 76-106). Inoltre, è emerso che la nefrotossicità descritta era subclinica e che solo 5 pazienti mostravano un GFR <60 mL/min/m2 alla fine del trattamento. Gli autori dello studio hanno osservato che l’86% dei pazienti che non era trattato con altri farmaci nefrotossici si caratterizzava per un maggiore probabilità di andare incontro a recupero della funzione renale rispetto al 40% dei pazienti trattati con farmaci nefrotossici e l’aggiunta di amikacina (p=0,43). Da ultimo, la mediana del tempo alla sieroconversione delle colture di espettorato è risultata pari a un mese (IQR= 1-2) tra i pazienti che presentavano malattia polmonare. Gli outcome di fine trattamento, definiti in base all’Oms, sono stati: successo del trattamento (n=41 pazienti; 84%), insuccesso terapeutico (n=1; 2%), morte in corso di trattamento (n=1; 2%) e perdita di pazienti al follow-up (n=6; 12%).
Nonostante alcuni limiti metodologici dello studio, i ricercatori affermano che “quando non è possibile costruire un regime terapeutico adeguato con farmaci del gruppo A e B, si può mettere in conto l’impiego di amikacina a dosi ridotte come parte integrante di un regime di trattamento multifarmaco, purchè vi siano risorse adeguate al monitoraggio terapeutico”.