Mangiare con frequenza alimenti ultraprocessati accelera il declino della funzione cognitiva, sia esecutiva sia complessiva. E a confermarlo sono i dati di uno studio longitudinale brasiliano sulla salute degli adulti presentati all’Alzheimer’s Association International Conference (AAIC) 2022.
I cibi ultraprocessati (UPF) sono manipolati, ricchi di ingredienti aggiunti come zucchero, grassi e sale, e poveri di proteine e fibre. Ne sono esempio bibite, patatine, cioccolato, caramelle, gelati, cereali per la colazione zuccherati, zuppe confezionate, bocconcini di pollo, hot dog, patatine fritte e molti altri. Negli ultimi 30 anni il loro consumo è aumentato in modo costante in tutto il mondo. Per chi segue una “dieta” basata su questi UPF, si ritiene che inducano infiammazione sistemica e stress ossidativo, oltre a essere collegati a diversi disturbi come il sovrappeso, l’obesità, le malattie cardiovascolari e il cancro. Inoltre, possono essere un fattore di rischio per il declino cognitivo.
Per approfondire questo aspetto, i ricercatori hanno analizzato i dati longitudinali di oltre 10mila adulti (età media 50,6 anni, 56% donne, 55% bianchi) partecipanti allo studio ELSA-Brasil e valutati in tre fasi (2008–2010, 2012–2014 e 2017–2019). Le informazioni sulla dieta, che includevano il consumo di alimenti non trasformati, minimamente trasformati e UPF, sono state ottenute tramite questionari. I partecipanti sono stati raggruppati in base ai quartili di consumo di UPF (dal più basso al più alto) e le prestazioni cognitive sono state valutate tramite una batteria standardizzata di test. Utilizzando modelli lineari a effetti misti che sono stati aggiustati per le variabili sociodemografiche, di stile di vita e cliniche, i ricercatori hanno valutato l’associazione degli UPF nella dieta, come percentuale delle calorie giornaliere totali, con le prestazioni cognitive nel tempo.
Durante un follow-up mediano di 8 anni, l’assunzione di UPF nei quartili da 2 a 4 (rispetto al quartile 1) è stata associata a un calo significativo della cognizione complessiva (P = 0,003) e della funzione esecutiva (P = 0,015). «I partecipanti che hanno riferito di aver consumato più del 20% delle calorie giornaliere da cibi ultraprocessati hanno avuto un tasso di declino cognitivo globale del 28% più rapido e una diminuzione della funzione esecutiva del 25% più rapida rispetto a quanti hanno dichiarato un consumo inferiore al 20%. – spiega Natalia Goncalves, della University of São Paulo Medical School, in Brasile – Considerando una persona che assume 2.000 kcal al giorno, il 20% in UPF corrisponde a circa due barrette di snack al cioccolato o cinque fette di pane o circa un terzo di un pacchetto di patatine da 250 g».
La causa per cui i cibi ultraelaborati possono danneggiare il cervello non è completamente chiara. Le ipotesi includono effetti secondari da lesioni cerebrovascolari o processi infiammatori cronici. Sono quindi necessari ulteriori studi per analizzare i possibili meccanismi alla base del danno neurologico. Resta indubbio che seguire una dieta equilibrata e salutare per il cuore, a basso contenuto di alimenti trasformati e ricca di cibi integrali e nutritivi, come frutta e verdura, mantenga il cervello in buona salute. «Sulla base di questi risultati, i medici potrebbero consigliare ai pazienti di cucinare a casa e scegliere ingredienti più freschi invece di acquistare pasti e snack già pronti» conclude Goncalves.