Negli ultimi anni, il fenomeno dell’antibiotico resistenza (AMR) si è notevolmente aggravato, diventando una delle maggiori minacce mondiali. Il rischio è che le malattie infettive comuni possano tornare ad essere difficilmente curabili e quindi fatali. L’Italia, assieme a Grecia e Portogallo, è tra i Paesi con i più alti tassi di mortalità da AMR, secondo quanto riporta l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Laproporzione di infezioni resistenti agli antibiotici è passata dal 17% del 2005, al 30% nel 2015 e potrà raggiungere il 32% nel 2030, di molto superiore alla media OCSE. A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Neonatologia (SIN) nel corso della Settimana mondiale sull’uso consapevole degli antibiotici.
Il fenomeno dell’antibiotico resistenza nei neonati, cioè quello dell’adattamento dei microrganismi all’ambiente, che determina la riduzione o l’eliminazione dell’efficacia di un agente antimicrobico, è, infatti, tra le principali preoccupazioni di neonatologi e pediatri. Sebbene si tratti di un meccanismo naturale, i principali fattori, sia del suo sviluppo sia della sua diffusione, sono “artificiali” e dovuti all’uomo, in particolare all’uso inappropriato ed eccessivo degli antibiotici, non solo tra gli esseri umani, ma anche tra gli animali da produzione alimentare. Inoltre, la dimensione globale del problema dipende dal fatto che una volta che un patogeno sviluppa resistenza ad un antibiotico, tale resistenza si diffonde molto rapidamente nel mondo, alimentata dalla mobilità delle popolazioni e dalla globalizzazione.
In ambito neonatale, negli ultimi anni si evidenzia una crescita delle infezioni dovute a patogeni resistenti agli antibiotici. Le sepsi neonatali causate da questi patogeni sono associate a tassi di sequele e mortalità significativamente più elevati. Globalmente si stima che 214.000 decessi ogni anno tra i neonati siano attribuibili a microrganismi resistenti agli antibiotici. Circa la metà dei patogeni che causano infezioni neonatali severe risultano attualmente resistenti alla prima ed alla seconda linea di trattamenti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Gli antibiotici, infatti, sono il farmaco più comunemente utilizzato nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN) rappresentando un terzo della top 10 dei medicinali più utilizzati. Purtroppo, anche se negli ultimi anni i neonatologi hanno iniziato a valutare criticamente l’utilizzo degli antibiotici, la sfida che riguarda l’ottimizzazione del loro uso in ambito neonatale rimane significativa. Tutt’ora più del 75% dei neonati con peso inferiore ai 1500 g e più dell’80% di quelli con peso < 1000 g viene sottoposto alla nascita a terapia antibiotica, nel sospetto di una sepsi precoce, pur essendo riportata in letteratura un’incidenza che varia da 0 a 7%. Dati recenti della letteratura evidenziano, inoltre, che un uso non necessario e prolungato degli antibiotici durante la prima settimana di vita nei neonati pretermine aumenta il rischio di insorgenza di un’infezione tardiva, di enterocolite necrotizzante o di morte.
Secondo il rapporto di Global Research on Antimicrobial Resistance pubblicato nel 2022 da The Lancet, che ha analizzato i dati da 204 paesi, nel 2019 oltre 1,2 milioni di persone sono decedute per infezioni causate da batteri resistenti a diversi antibiotici e circa 5 milioni di decessi sono associati a fenomeni di AMR. “Le strategie da mettere in atto, per arginare questa silente pandemia, non sono diverse da quelle proposte per la popolazione generale. – sottolinea il Presidente della SIN Luigi Orfeo – Lo strumento più importante per la limitazione della AMR è la prevenzione nell’ambito ospedaliero, attraverso il corretto uso degli antibiotici e strategie di prevenzione e controllo delle infezioni, prima fra tutte l’igiene delle mani, che dovrebbe continuare ad essere fortemente incentivata. Ogni ospedale dovrebbe adottare un “Antibiotic Stewardship Program”, con la formazione di un gruppo multidisciplinare che guidi i medici nell’uso consapevole degli antibiotici”.