Perdere peso riduce il rischio di complicanze microvascolari nel diabete di tipo 2. Lo conferma uno studio, pubblicato sulla rivista Diabetologia, condotto per valutare l’associazione tra l’indice di massa corporea (BMI) e le sue variazioni.
L’analisi ha visto la partecipazione di 1083 pazienti (di cui il 54,2% uomini con un’età media di 60 anni) dell’European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC) – Potsdam, uno dei più grandi studi di coorte al mondo, progettato per valutare la relazione tra dieta e malattie croniche. I soggetti con patologia cardiovascolari o complicanze vascolari prima della diagnosi di diabete sono stati esclusi.
“I nostri dati hanno mostrato un’associazione positiva tra il BMI prima della diagnosi di diabete e le complicanze vascolari totali. – raccontano Matthias Schulze, autore senior dello studio e i colleghi del dipartimento di epidemiologia molecolare del German Institute of Human Nutrition – L’associazione era guidata principalmente dalle complicanze microvascolari e influiva sia sulla malattia renale sia sulla neuropatia, ma il rischio diminuiva in caso di riduzione del BMI subito dopo la diagnosi di diabete”.
Nel maggio 2014, grazie all’aiuto dei medici curanti, sono stati raccolti i dati delle cartelle cliniche relativi alle complicanze micro e macrovascolari, legate al diabete. Il peso corporeo era auto-riportato dai pazienti tramite i questionari di follow-up più recenti, prima e dopo la diagnosi.
Paradosso dello studio, non ancora chiarito, è che il rischio di mortalità per le persone affette da diabete di tipo 2 in sovrappeso o obese è minore rispetto a quelle normopeso.
Nel corso di un follow-up mediano di oltre 10 anni, nella coorte in studio sono stati segnalati in totale 85 eventi macrovascolari (infarto del miocardio e ictus) e 347 eventi microvascolari (malattie renali, neuropatia e retinopatia). In un modello impostato per età e sesso, ogni incremento del BMI di 5 kg/m2 è risultato associato a un aumento del rischio di complicanze vascolari totali (HR aggiustato = 1,17), che non dipendevano da fattori quali istruzione, stile di vita e storia di salute familiare. Lo stesso è stato riscontrato sia per il rischio di complicanze microvascolari totali (aHR = 1,21) sia per quello di malattie renali (aHR = 1,39) e neuropatia (aHR = 1,12). Dopo gli aggiustamenti per età, sesso e BMI pre-diagnosi, rispetto a un BMI stabile, una riduzione del BMI di almeno l’1% dopo la diagnosi di diabete è stata associata a un minor rischio di complicanze vascolari totali (aHR = 0,73), di complicanze microvascolari (aHR = 0,62), di malattie renali (aHR = 0,57) e neuropatia (aHR = 0,73). Non è invece stata osservata nessuna associazione con le complicanze macrovascolari. “Da un lato le persone in sovrappeso o obese possono essere sottoposte a un trattamento più intenso per dislipidemia, ipertensione o iperglicemia rispetto alle controparti normopeso. – concludono i ricercatori – Dall’altro la sarcopenia, che può essere più comune nei soggetti diabetici più anziani e magri, potrebbe predisporre a un rischio più elevato di eventi cardiovascolari. Infine un controllo non ottimale dell’abitudine al fumo potrebbe portare a risultati sfalsati”. Lo studio dimostra l’importanza della gestione del peso nella prevenzione delle principali complicanze associate al diabete “e la necessità di studi ben progettati per le complicanze macrovascolari”.