La protesi dell’anca consiste nella sostituzione completa dell’articolazione nei casi più avanzati di degenerazione in cui i trattamenti conservativi non hanno avuto successo o sono controindicati.
Le affezioni che conducono a questo intervento sono diverse: artrosi primitiva, artrite reumatoide, osteonecrosi asettica dell’epifisi femorale, artrosi postraumatica o secondaria e fratture sottocapitate del collo femorale. Ad esclusione delle fratture, l’operazione è comunque raccomandata solo nel caso in cui una delle sopraccennate patologie si manifesti con grave dolore o rigidità che limita le attività quotidiane, come camminare, alzarsi, sedersi o vestirsi.
Prima dell’intervento si esegue una radiografia per programmare la fase preoperativa e scegliere la protesi adatta all’anatomia del singolo paziente. Attualmente quelle più utilizzate sono costruite in lega di titanio, ma esistono anche quelle in lega metallica. Entrambe sono modulari, cioè formate da parti distinte che vengono assemblate al momento, per evitare sostituzioni dell’impianto, qualora fosse necessario.
L’operazione varia a seconda del tipo di patologia che ha determinato l’artrosi, l’età del paziente, il livello di attività svolta e la presenza di patologie generali associate. Nel caso di un paziente giovane ad esempio, si mira a evitare l’utilizzo del cemento e si cerca di preservare il più possibile il tessuto osseo, preferendo protesi “a incastro” appositamente progettate. In una stretta minoranza di casi, un’alternativa alla sostituzione totale consiste nel rivestimento della testa del femore con la protesi, senza asportarla. Non esiste un’età assoluta o limitazioni di peso per la chirurgia di protesi, ma è bene ricordare che quest’ultimo può influire su una minore longevità dell’impianto. Anche eccessiva attività fisica potrebbe accelerare il processo di usura, obbligando a un intervento di sostituzione, ecco perché sono sconsigliati tutti gli sport che prevedono traumi diretti o indiretti dell’anca e di contatto.
L’intervento viene praticato in genere in anestesia peridurale, ma è facoltà dell’anestesista la scelta della soluzione migliore in base al caso. La tecnica chirurgica si avvale anche dell’approccio mini-invasivo, con tagli cutanei piccoli, che permette di ridurre al massimo l’impatto sui muscoli.
La principale via di accesso all’anca è la postero-laterale con il vantaggio di risparmiare gli abduttori dell’anca (muscoli piccolo e medio gluteo), ma in casi particolari il chirurgo può intervenire su altre vie. Al termine dell’operazione segue una breve degenza di circa 15 giorni in ospedale, accompagnata da una profilassi antitrombotica con eparina per 30-40 giorni. Nella fase successiva di riabilitazione il paziente è istruito sugli esercizi per il recupero articolare e muscolare, che potrà poi svolgere in autonomia da casa.
Il tasso di complicanze gravi a seguito di Protesi totale dell’anca è basso (meno dell’1% dei pazienti). Altri rischi, come infarto o ictus, si verificano ancora meno frequentemente, così come le malattie croniche. Prima di sottoporsi ad intervento di protesi dell’anca è importante conoscere tutte le informazioni a esso connesse e soprattutto eventuali rischi e complicanze. Più del 90% delle persone sottoposte all’intervento ha verificato una notevole riduzione del dolore e un significativo miglioramento della capacità di eseguire attività di vita quotidiana. È importante sapere che la Protesi dell’anca non permetterà di fare più di quanto si faceva prima di iniziare a soffrire di artrosi.