Camminare, saltare e correre. Sono questi i principali movimenti che ci permette di compiere il noto tendine d’Achille, la fascia di tessuto fibroso che collega il muscolo del polpaccio sul dorso della gamba al calcagno. Trovandosi costantemente sotto sforzo può essere esposto a varie condizioni patologiche, tra cui traumi, lesioni e infiammazioni, che richiedono diagnosi e trattamenti adeguati.
Tra le più frequenti, la sindrome del tendine d’Achille, definita tendinite, è una sofferenza da sovraccarico o di origine traumatica che comporta processi infiammatori acuti o cronici.
Le cause del disturbo risiedono principalmente nell’eccessiva attività sportiva, svolta senza riscaldamento e o allungamento, oltre che nelle sollecitazioni muscolari che superano la resistenza della struttura tendinea. Anche abitudini scorrette quali sedentarietà, utilizzo di calzature non adeguate, o terreni d’allenamento non adatti, possono alimentare l’infiammazione. Il disturbo si presenta più negli uomini che nelle donne, specialmente in età avanzata, in casi di sovrappeso o in pazienti affetti da patologie come il diabete o l’artrite reumatoide. A prescindere dalla sua natura, i principali sintomi sono gonfiore nella parte posteriore della caviglia, rossore, sensazione di calore e rigidità, ma anche dolore alla gamba. Per giungere alla diagnosi della condizione patologica sono sufficienti i sintomi avvertiti, cui segue un esame obiettivo e l’anamnesi. In rari casi può essere richiesto anche un esame radiologico.
Come curare la tendinite achillea? Il trattamento di prima linea è conservativo e si basa sul riposo dell’arto inferiore sofferente, accompagnato dall’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei e sedute di fisioterapia che stimolano e rivitalizzano l’elasticità dei tessuti e dei muscoli correlati. Forniscono inoltre il loro contributo il ghiaccio (dalle 3 alle 5 volte al giorno per 15-20 minuti) e le onde d’urto. Il più delle volte la gestione conservativa, nel giro di alcuni mesi, registra miglioramenti evidenti, se non addirittura risolutivi, ma nei casi in cui il trattamento non apporti benefici è necessario sottoporsi a un intervento chirurgico, che richiede tempi di recupero importanti, pazienza e un lavoro specifico sulla muscolatura.
Per prevenire il rischio di tendinosi cronica, soprattutto per chi pratica sport, è importante dedicare tempo al riscaldamento e allo stretching. Gli allenamenti intensivi inoltre vanno eseguiti seguendo una certa gradualità e utilizzando scarpe idonee ad ammortizzare le sollecitazioni.
Più dolorosa e grave dell’infiammazione è la rottura del tendine d’Achille, che comporta una lacerazione del tendine in questione, limitando drasticamente le capacità motorie. Nel 20% dei casi circa, la diagnosi non è così immediata, perché non ci si rende conto della gravità dell’infortunio e lo si confonde con altro, come ad esempio uno strappo muscolare. Ecco perché è fondamentale rivolgersi a un ortopedico esperto ed intervenire nei 3-4 giorni successivi all’infortunio.
Il quadro sintomatologico comprende dolore acuto e improvviso nella parte posteriore della gamba, zoppia del piede, gonfiore e senso di rigidità della caviglia.
La gestione terapeutica della rottura impone un intervento chirurgico finalizzato a rispristinare la fisiologica continuità della struttura tendinea infortunata, in quanto, data la scarsa irrorazione sanguigna del tendine d’Achille, non c’è alcuna possibilità di una guarigione spontanea della lacerazione. Al termine del trattamento seguono mesi di fisioterapia e una graduale attività fisica.