E’ fondamentale riuscire ad adattare le proprie conoscenze di anatomia, fisiologia, psicologia e di teoria dell’allenamento al singolo cliente.
Il trainer potrà quindi migliorare il suo successo e soprattutto la sua “funzionalità “, allontanandosi dalla pratica comune di adattare ad ogni cliente modelli e stereotipi d’allenamento “universali”.
La pratica del fitness e di un qualsiasi altro sport (se praticato con serenità e tecnicamente correttamente) ha la peculiarità di migliorare la situazione psico-fisica della persona . Per lo sportivo dilettante, non alla ricerca esasperata della “prestazione”, diventa fondamentale anche il momento di aggregazione che lo sport rappresenta. Per quanto riguarda il fitness parliamo di uno sport per tutti, uno sport “non classista”, che non ci obbliga a comprare costose attrezzature e ci impegna ad iscriverci in club esclusivi.
L’obiettivo del trainer sarà perciò cercare di rendere la pratica sportiva per il soggetto displasico la più agevole e funzionale possibile, in un’ottica di crescita sociale e relazionale e in termini di miglioramento o quanto meno di non peggioramento della patologia.
Infine è doveroso dire che la preparazione teorica del trainer diventa fondamentale anche per sapere dove il proprio operato termina e per avere la lucidità di appoggiarsi a personale medico e terapisti specializzati.
Un tessuto liscio e morbido, la cartilagine, ricopre le due superfici. La cartilagine ha la principale funzione di far scivolare le due superfici articolari l’una sull’altra e di distribuire al meglio i carichi che agiscono sull’anca.
Muscoli, legamenti e tendini circondano l’articolazione dell’anca. I muscoli si attaccano all’osso tramite un robusto tessuto, il tendine. Le due ossa sono legate l’una all’altra mediante nastri fibrosi chiamati legamenti.
L’allenamento in palestra di un soggetto displasico prenderà in considerazione il miglioramento della mobilità articolare , del tono muscolare e di tutte le capacità condizionali e coordinative, in modo da poter garantire le attività quotidiane senza particolari problemi o limitazioni.
I muscoli estensori della regione lombare del busto, in particolare il Quadrato dei lombi e Sacrospinale, se eccessivamente tonici e “accorciati” tendono a ruotare il bacino in anteroversione, quindi ad accentuare la lordosi lombare, situazione molto comune in un soggetto displasico.
Al contrario, i muscoli flessori del busto (Retto dell’addome, Obliquo interno, Obliquo esterno) e i muscoli estensori delle cosce (Piriforme, Grande gluteo, Bicipite femorale, Semitendinoso, Semimembranoso, Grande adduttore) bilanciano l’azione degli estensori del busto agendo nella retroversione del bacino.
Ci concentreremo perciò su esercizi a corpo libero e con macchinari che interessino i suddetti muscoli.
Per quanto riguarda il lavoro sui glutei analizziamo il movimento di estensione della coscia sul bacino: l’estensione è il movimento che porta l’arto inferiore posteriormente al piano inferiore. Come per la flessione la sua ampiezza è differente a seconda che sia di tipo attivo o passivo e che avvenga a ginocchio flesso o esteso. I valori tipici per un’estensione attiva sono: 20° e 10° rispettivamente per ginocchio esteso e ginocchio flesso.
Prediligeremo quindi l’estensione a ginocchio esteso per dare più stabilità all’articolazione dell’anca e permetterci un lavoro in maggiore sicurezza.
Per quanto riguarda l’addome andremo a lavorare con le gambe tese in appoggio alla spalliera (inclinazione > 45°): tale posizione verrà assunta per consentire ad un soggetto con un addome non allenato di tonificare quest’ultimo senza “aiutarsi” con l’azione dei muscoli della coscia e dello psoas iliaco che interviene nella flessione della coscia sul bacino (posizione “classica” per il crunch.)