Alcol, che effetti ha sul cervello? Secondo uno studio condotto dall’Università della Pennsylvania, Stati Uniti, bere un semplice bicchiere di vino al giorno, che equivale a 20 milligrammi di alcol, o una pinta di birra quando si ha un’età di 50 anni ed oltre potrebbe fare invecchiare il cervello di due anni in più rispetto alla vera età. Se poi si assumono quotidianamente 30 milligrammi di alcol, ossia meno di un bicchiere e mezzo, il cervello risulta più vecchio di 3.5 anni rispetto a chi non beve.
I ricercatori hanno analizzato i cervelli di 36mila persone parte del vasto progetto ‘UK Biobank’, che immagazzina informazioni genetiche su 500mila adulti di mezza età.
I dati riguardavano analisi di risonanza magnetica condotte nell’ultimo anno sui volontari e le informazioni date dagli stessi partecipanti sulle proprie abitudini nel consumo di alcol. I ricercatori hanno poi confrontato le immagini cerebrali dei bevitori con quelle di individui della stessa età che non bevevano alcol.
Dai risultati è emerso che ad essere colpite sono tre diverse zone della corteccia: il tronco cerebrale, il putamen e l’amigdala. Secondo quanto evidenziato dalla ricerca, più elevato è il consumo di alcol e maggiori sono le modifiche che avvengono nel cervello. A sorprendere è la quantità di alcol (misurata in unità, che corrisponde a circa mezza birra) necessaria per osservare questi cambiamenti. Nello specifico, passando da zero a una unità al giorno non si notano modifiche. Passando invece da una a due, o più, il cervello “subisce importanti diminuzioni nel volume della sostanza grigia e di quella bianca” osserva Remi Daviet, professore alla Wisconsin School of Business della University of Wisconsin-Madison, che precisa come limite dello studio sia che i dati riguardano solo le abitudini al bere in un arco temporale di un anno.
Per non rinunciare a un buon bicchiere di vino o di birra, specie quando si è in compagnia, la chiave giusta è la moderazione. È importante ricordare che se non si presta attenzione alle quantità, l’alcol può diventare un pericoloso nemico per l’organismo.