Le allergie alimentari colpiscono fino al 5% della popolazione adulta, mentre hanno una maggiore incidenza nei bambini, pari al 6-10% nei primi anni di vita. Nell’adulto l’allergia alimentare più frequente è dovuta all’assunzione di cibi di origine vegetale (arachidi, soia, grano, frutta a guscio, sesamo), mentre la seconda causa sono i crostacei. Per i bambini, invece, le reazioni più frequenti sono quelle a latte e uova. A fare chiarezza sono gli esperti dell’AAIITO, Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri. “Le allergie alimentari rappresentano certamente un rilevante problema di salute pubblica, ma nell’immaginario collettivo la loro prevalenza è enormemente sopravvalutata. – afferma Riccardo Asero, presidente AAIITO – Sulla base dei risultati ottenuti da recenti studi multicentrici condotti nel nostro Paese dall’associazione, possiamo fare chiarezza su tre importanti allergie: ai crostacei, al pesce ed all’arachide”.
I sintomi dell’allergia alimentare, spiegano gli allergologi, possono coinvolgere più organi o apparati in modo differente: orticaria/angioedema, edema delle labbra e della lingua, prurito al palato, nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, broncospasmo, tosse, ostruzione nasale, dispnea fino allo shock anafilattico con ipotensione e perdita di coscienza.
La diagnosi dell’allergia alimentare si basa su anamnesi, cutireazioni (ad esempio il prick test con estratto o prick by prick con alimento fresco), dosaggio delle IgE specifiche per l’alimento o per le singole molecole allergeniche dell’alimento in questione ed il test di provocazione orale. “La terapia delle allergie alimentari – spiega Baoran Yangallergologa AAIITO presso il ASST Mantova – si basa sulla dieta di esclusione e sulla terapia d’emergenza con adrenalina autoiniettabile nei pazienti con reazioni gravi. Esiste la possibilità di prevenire reazioni gravi secondarie all’ingestione occasionale di tracce di allergene con la desensibilizzazione, ossia la somministrazione controllata di quantità crescenti di allergene. Tale terapia è eseguita in centri specializzati e permette di migliorare la qualità di vita dei pazienti”.
L’allergia al pesce, spiegano gli esperti, è “abbastanza rara rispetto agli altri allergeni di origine animale (1 – 7%)”, ma “è importante inquadrarla correttamente per evitare diete di eliminazione inappropriate”. Per iniziare, esiste una correlazione tra l’allergia ai crostacei e la sensibilizzazione agli acari della polvere. Questo perché “crostacei ed acari, così come i molluschi, sono degli invertebrati ed hanno degli allergeni in comune, dei quali il più importante è la tropomiosina”.
L’allergene maggiore del pesce è invece la parvalbumina che si trova nel muscolo, resistente alla cottura ed alla lavorazione delle carni, e può essere anche un aeroallergene. Allergeni meno frequenti, recentemente riconosciuti, sono l’enolasi e l’aldolasi. Allergeni minori del pesce sono contenuti anche nel collagene (quindi nella gelatina di pesce), nel sangue e nelle uova.
“Le persone allergiche al pesce sono molto raramente sensibilizzate verso gli altri prodotti ittici come i crostacei e non tutti i pazienti devono evitare tutte le specie di pesce, in quanto esistono soggetti sensibilizzati solo a poche specie o monosensibilizzati ed è pertanto importante inquadrarli correttamente per evitare inutili diete di eliminazione”, conclude Gaia Deleonardi, allergologa AAIITO del Settore Allergologia e Autoimmunità LUM, Ausl Bologna.