Il fegato è un organo estremamente importante per il buon funzionamento dell’organismo e monitorarne la funzionalità è più che mai essenziale, prima ancora è fondamentale saper prevenire con l’alimentazione i danni funzionali a cui può andare incontro.
Emerge su tutti una dato abbastanza sconcertante che vede il fegato grasso, la steatosi epatica non alcolica, colpire fino al 20-30% degli adulti e come dice il nome senza che l’alcol (solitamente il primo indiziato quando si hanno problemi al fegato) rientri più di tanto come responsabile della degenerazione.
Che colpisce anche perché coinvolge una media del 12,5% dei ragazzi dagli 11 ai 13 anni di età in un contesto di sindrome metabolica causa diretta di un aumento esponenziale del rischio cardiovascolare anche nei giovanissimi come riportato da una ricerca Italiana condotta a Reggio Calabria e pubblicata sull’American Journal of Epidemiology.
Un dato impressionante che rivela come le disfunzioni del fegato arrivano a ripercuotersi direttamente sulla salute di cuore e vasi.
Non bisogna quindi trascurare la salute del fegato anche se non si è soliti bere alcolici e chi per sua sfortuna ricade in questa patologia deve curare in maniera particolare l’alimentazione quotidiana.
Viene in aiuto in questo senso una ricerca revisione pubblicata dal Journal of the American Dietetic Association che riporta una serie di utili regole dietetiche e preventive in cui i tipi di alimenti consumati svolgono un ruolo primario, ma ancora di più risulta importante saper calibrare su ogni singolo soggetto la strategia migliore da seguire.
Ad esempio la riduzione di peso è uno dei criteri principali, se questo avviene però in maniera troppo repentina squilibrando l’alimentazione complessiva la steatosi può paradossalmente innalzarsi invece di diminuire.
Gradualità e cautela sono le parole d’ordine in modo da abituare l’organismo a una riduzione ponderale mantenendo intatti i nutrienti essenziali e protettiviche servono al fegato, oltre a 500-100 g alla settimana di perdita di peso non si dovrebbe andare e in ogni casosempre in relazione alla propria situazione personale.
Un altro errore grave da evitare è la riduzione dei grassi a prescindere senza valutare quali, come e perché, una condizione che poi spinge a un aumento vertiginoso del consumo di carboidrati raffinati(per compensare l’assenza di grassi e mantenere un buon introito energetico) a loro volta responsabili di un aumentata resistenza all’insulina e altre conseguenze che invece di far diminuire aumentano la steatosi.
Secondo la revisione i grassi possono coprire fino a 1/3 della dose calorica giornaliera a patto che vengano privilegiati quelli monoinsaturi che migliorano la sensibilità all’insulina e proteggono in maniera incisiva dai rischi cardiovascolari, come fa da tempi immemorabile lo straordinario olio da olive che chiunque dovrebbe avere in abbondanza nella propria dispensa senza badare a spese!
Importanti per questa patologia sono anche gli omega 3 (abbondanti nelle noci e nei pesci grassi oltre a una serie di altri semi e sostanze vegetali), i cereali integrali, tutti gli alimenti naturalmente a basso indice glicemico, le fonti proteiche magre, la frutta e la verdura in generale.
Da eliminare o limitare fortemente, invece, gli zuccheri semplici, gli acidi grassi saturi, i salumi, le carni, i formaggi grassi, gli alimenti raffinati, le bibite, gli oli vegetali di cocco e di palma.
Altre sostanze, come il caffè e lo zenzero, sembrano avere un ruolo protettivo, ma devono essere compiuti ulteriori studi e la dose deve rimanere limitata.
Ricorrendo alla strategia di unire insieme i pregi dell’alimento proveniente dal mare con quello proveniente dalla terra si può affrontare la patologia con estremo gusto e soddisfazione a tavola.