Si chiama “Rehab” il nuovo programma di riabilitazione cardiaca di 12 settimane per aiutare gli anziani ospedalizzati con insufficienza cardiaca acuta a migliorare la funzionalità fisica, la qualità di vita e la depressione rispetto alle cure standard. In Italia circa 600 mila persone soffrono di scompenso cardiaco e si stima che la prevalenza raddoppi a ogni decade di età, raggiungendo il 10% circa dopo i 65 anni.
I dati dello studio, presentati durante la 70esima sessione scientifica annuale dell’American College of Cardiology, e pubblicati sul “New England Journal of Medicine“, non hanno mostrato riduzioni significative delle riospedalizzazione durante il follow-up di sei mesi.
Lo studio REHAB-HF, multicentrico e controllato, ha randomizzato 349 pazienti (età compresa tra 60 e 99 anni) con scompenso cardiaco a un intervento di riabilitazione transitorio che ha affrontato quattro domini di funzioni fisiche – forza, equilibrio, mobilità e resistenza (n = 175) – o cure standard (n = 174). L’intervento ha progredito attraverso quattro livelli funzionali prespecificati all’interno di ogni dominio, con intensità ed esercizi specifici su misura per le prestazioni di ogni paziente.
I pazienti arruolati, oltre ad avere HF con frazione di eiezione conservata (HFpEF), avevano una media di cinque comorbilità, tra cui ipertensione, diabete, obesità, malattie polmonari e nefropatie. Al basale, il 97% era considerato fragile o prefragile, con una funzione fisica gravemente ridotta, scarsa qualità della vita e almeno lieve disfunzione cognitiva.
A differenza dei tradizionali programmi di riabilitazione cardiaca che in genere iniziano sei settimane dopo un ricovero, il programma REHAB-HF è iniziato presto, se possibile durante la degenza ospedaliera del paziente, ed è passato a tre sessioni ambulatoriali a settimana per 12 settimane dopo la dimissione, ovvero 36 ricoveri ambulatoriali.
Al follow-up di tre mesi, rispetto ai partecipanti randomizzati a ricevere le cure standard, quelli del gruppo di intervento hanno avuto miglioramenti notevoli e significativi nel funzionamento fisico e nella qualità della vita in tutte le valutazioni utilizzate, inclusa la Short Physical Performance Battery, il test del cammino in sei minuti, il Kansas City Cardiomiopathy Questionnaire e un sondaggio separato sulla depressione.
Lo studio non ha dimostrato differenze statisticamente significative negli eventi clinici, inclusi i tassi di riammissione per qualsiasi motivo, con 194 e 213 ricoveri avvenuti rispettivamente nel gruppo di intervento e nel gruppo di controllo con cure abituali. Anche i ricoveri per HF non sono risultati differenti (94 vs 110) a sei mesi.
“Il nostro obiettivo, che abbiamo raggiunto, era di rafforzarli e indirizzarli prima di affrontare la resistenza“. – Spiega il ricercatore principale dello studio, Dalane W. Kitzman, della Wake Forest University School of Medicine di Winston-Salem. “Abbiamo dato anche una buona attenzione ai determinanti sociali della salute: la famiglia del paziente, i loro caregiver, tutte le persone importanti”. Lo studio è attualmente in fase II, “ma rimane molto da imparare prima che la sua strategia possa essere implementata su una base più ampia”.