Anche la dieta conta nella terapia contro il cancro, perché può rendere più efficaci i farmaci. Questa la conclusione a cui sono giunti due studi pubblicati sulla rivista Nature e che hanno sfruttato l’influenza di alcuni cibi sul metabolismo, al fine di aumentare gli effetti degli antitumorali. Uno dei due ha esaminato un amminoacido di cui sono ricchi fagioli e soia, l’altro ha testato l’effetto della dieta chetogenica, ovvero a basso consumo di carboidrati.
Il primo, pubblicato l’11 luglio, ha dimostrato, su topi, che una dieta ricca dell’amminoacido istidina, di cui sono ricchi legumi ma presente anche in alcuni tipi di carne (vitello), pesci (merluzzo) e formaggi (grana) e che può essere somministrata anche come integratore, ha reso più efficace un farmaco chemioterapico chiamato metotrexato, usato contro le leucemie ma che può essere estremamente tossico. I ricercatori dell’Istituto Whitehead per la ricerca biomedica a Cambridge, nel Massachusetts, hanno esaminato le cellule tumorali alla ricerca di geni coinvolti nelle risposte al metotrexato, scoprendo che un’eccedenza di istidina rende le cellule leucemiche innestate nei topi più sensibili a questo farmaco. In prospettiva, per i ricercatori, “potrebbe rendere possibile usarne a dosi più basse e meno tossiche”.
Questo studio segue quello apparso pochi giorni prima, il 4 luglio, sempre su Nature, che ha scoperto che l’uso di una dieta che influenzi i livelli dell’ormone insulina nel rendere più efficace un altro gruppo di antitumorali che prendono di mira una proteina chiamata PI3K. Questa proteina aiuta ad alimentare la crescita del tumore ma i farmaci che la prendono a bersaglio mostrano risultati incoerenti negli studi clinici. Il team della Columbia University, guidato da Siddhartha Mukherjee, ha dimostrato che tale effetto può essere collegato a un aumento di insulina. Hanno pertanto esaminato su topi l’effetto di una dieta a basso contenuto di carboidrati, detta dieta chetogenica, in grado di abbassare l’insulina nel corpo. Hanno così notato come aumenti l’efficacia degli inibitori del PI3K. Entrambe le squadre di ricercatori ora mirano a scoprire se i loro approcci funzionino anche sull’uomo e a determinare quali pazienti siano più propensi a trarre beneficio da eventuali cambiamenti nella dieta.