Viaggiare: è questo l’antidoto alla tristezza secondo un’indagine condotta alla Washington State University. La spiegazione sembra derivare dal fatto che quando si lascia la propria zona di comfort e la routine, anche se solo momentaneamente, il cervello rilascia sostanze che permettono di sperimentare livelli più elevati di felicità. Tra queste la dopamina, l’ossitocina e la serotonina, che si attivano per superare i limiti del territorio conosciuto ed entrare in un mondo estraneo. Marta Jiménez Castro, neuropsicologa specializzata in disturbi dell’ansia e dell’umore, spiega che “viaggiare è come innamorarsi. E intendo letteralmente, perché il cervello reagisce allo stesso modo quando viaggiamo e quando ci innamoriamo. La mente non distingue tra uno stimolo nuovo e un altro. Non importa se si tratta di un nuovo partner o di un luogo sconosciuto, essa concentra l’attenzione su nuovi stimoli e li rileva attraverso la dopamina. Ecco perché viaggiare ha un effetto psicologico ed emotivo positivo su di noi. Anche con un weekend di vacanza”.
Tempo fa un gruppo di ricercatori della Cornell University ha stabilito che la felicità è racchiusa nel registro dei ricordi e delle esperienze rilevanti, la cui massima espressione è il viaggio. Lo studio ha scoperto inoltre una connessione tra longevità e viaggi: si tratta di una sorta di gene del viaggio, il DRD4 7r, un recettore della dopamina che determina il desiderio di esplorare.
Quindi, è possibile educare il cervello a voler viaggiare? Lo psicologo Alberto Noguera spiega che “il nostro cervello può essere educato in una misura che non possiamo immaginare. Alcune cose sono difficili, soprattutto quelle che fanno urlare la nostra voce interiore per spaventarci, ma possiamo educarlo, dirgli che accettiamo la sua paura o i suoi avvertimenti e continuare a parlargli finché non perde forza. È come andare in palestra: all’inizio è difficile, ma poi viene naturale e la vostra salute ve ne sarà grata. Lo stesso vale per uscire dalla propria zona di comfort”.
E anche se non tutti sentono il desiderio di viaggiare, gli scienziati sembrano concordare sul fatto che sia invece un’ottima soluzione, non solo perché rende momentaneamente più felici, ma anche perché riduce i livelli di stressdovuti alla routine quotidiana. Un altro esempio, suggerito da un report di Civitatis, è lo studio condotto da un gruppo di ricercatori in Arizona, che ha concluso come le donne che dedicano più tempo alle vacanze tendono a essere meno soggette a depressione, stanchezza e stress. Hanno anche dato una valutazione migliore ai loro matrimoni e alle loro relazioni personali. Andrés Muatruga, sociologo e autore di diversi libri sull’impatto dello sviluppo tecnologico, afferma che “lo stress, data la situazione attuale, è un’epidemia che ci segue, ci insegue, attraverso dispositivi come il telefono, il tablet o il computer”, e assicura che “questa situazione ha un impatto sul nostro cervello di cui non siamo ancora riusciti a verificare tutte le conseguenze”.
Per contrastare gli effetti di tale “iperconnessione” motivazione, entusiasmo e disconnessione risultano essere fondamentali. Il neuropsicologo afferma che “tutti abbiamo provato quella sensazione al lavoro, quando si anticipa una vacanza o un weekend: le prestazioni cambiano e ci si concentra in modo diverso perché la famosa dopamina anticipa gli scenari che si vivranno in futuro. Al contrario, quando non si viaggia e la vita diventa monotona, ciò che accade nel cervello è che la dopamina, che ci rende eccitati e motivati, diminuisce contemporaneamente ad altre sostanze come l’ossitocina o la serotonina”. E perché ci succede? A quanto pare, la spiegazione risiede in un concetto psicologico molto specifico: l’adattamento edonico. Questo meccanismo fa sì che il cervello si abitui agli stessi stimoli (il tragitto per andare al lavoro, la visita agli stessi luoghi, ecc.) e che la mente non generi più queste sostanze, aumentando la probabilità di stress o ansia. L’effetto si può produrre non solo arrivando a mete esotiche, ma anche per quelle di prossimità, è lo scenario davanti ai nostri occhi che cambia e ci dà la possibilità di contrastare la tristezza.